Prefazione Tre Secoli nel Tridente

Tre secoli e ventidue anni di una famiglia portoghese, gli Alvarez de Castro, arrivati da Lisbona a Roma nel 1696, vissuti tutti nel “Tridente” e da lì mai più partiti. Attraverso lettere, documenti, ritratti e fotografie si compone la microstoria della famiglia che viaggia parallela alla storia della loro nuova città dominata dai Papa-Re, da poche famiglie di antica nobiltà e da potenti cardinali; tutti fustigati da sferzanti pasquinate che neppure la ghigliottina riesce a far tacere. Poi artisti, poeti e pittori ispirati dalla storia che semisepolta riaffiora tra Campo Vaccino e il Teatro di Marcello nella totale indifferenza di un popolo, come scrive nel 1817 Stendhal, “abituato da tre secoli a considerare i propri mali come inevitabili ed eterni”.

L’autore, già caporedattore del Messaggero, affronta i trecento anni di vita nel “Tridente” degli Alvarez de Castro unendo al rigore del giornalismo d’inchiesta la leggerezza propria di un racconto, dove inoppugnabili documenti, interessanti lettere, immagini e foto d’epoca intervallate dalla cronologia storica della città che li vede in molti casi protagonisti, trovano leggerezza grazie alle tante memorie orali tramandate da padre in figlio dal 1696 ai nostri giorni.

Da questa equilibrata narrazione nasce una storia, di Roma in generale e del “Tridente” in particolare, dove pasquinate e cronache del tempo accompagnano il continuo sviluppo di una città passata dai centoquarantamila residenti dell’anno 1700 ai circa tre milioni di oggi, dove gli Alvarez de Castro vedono nascere la scalinata di Trinità de’ Monti, fontana di Trevi, Piazza del Popolo e il belvedere del Pincio, ma anche il porto di Ripetta e i muraglioni dei piemontesi che lo spazzeranno via assieme a case e palazzi che fino ad allora avevano fatto da fragili argini al Tevere; a tutto questo si aggiungono due grandi stravolgimenti urbanistici, il primo operato dai piemontesi, il secondo, più marcato, quello portato avanti nel ventennio fascista con gli sventramenti per aprire via dei Fori Imperiali, ridisegnare piazza Augusto Imperatore, realizzare corso Rinascimento, dare vita a via della Conciliazione cancellando la storica Spina dei Borghi e la nascita di interi quartieri come la Garbatella, l’espansione di Testaccio, la creazione di San Lorenzo, di Prati, del Salario, dei Parioli e il timido inizio dell’Eur, portato avanti nei primi anni ’50 del dopoguerra e ancora in fase di sviluppo. Un lungo viaggio nella storia e nella vita reale della città; dalla Roma sparita a quella di oggi che l’ha fatta sparire.

La vita degli Alvarez de Castro e dei tanti portoghesi di Roma, si consuma largamente nell’ambito dell’Istituto Portoghese di Sant’Antonio, presente a Roma fin dal 1300, dove per ogni generazione ricoprono vari incarichi, principalmente in veste di medici nell’Ospedale e nell’antica farmacia di Sant’Antonio, ma anche a livello amministrativo e diplomatico nell’Ambasciata e nel Consolato del Portogallo in Roma.

Trecento anni di documentata storia del Paese che li ospita alla quale, a diverso titolo, i personaggi di questa famiglia hanno dato il loro partecipato contributo nei più disparati campi: nella medicina, con il medico di due papi Duarte Lopes Rosa (figlio di João Alvarez de Castro), poi, a seguire, un secondo João Alvarez de Castro che chiama a Roma suo figlio Henrique, e infine il cugino di quest’ultimo, Andrea da Pax, tutti medici operanti nell’Ospedale di Sant’Antonio; nell’economia, con il banchiere Michele Lopez Rosa (fratello del medico João), gestore del Ducato di Castro, padre della prima carta bollata emessa nello Stato della Chiesa, nonché “conduttore zecchiere” della Zecca Pontificia; nell’impegno civile e nella diplomazia, con la partecipazione alla prima Guerra d’Indipendenza del futuro console del Portogallo a Roma Filippo Alvarez de Castro e, nella vita civile, del fratello João, cancelliere capo dell’Ambasciata; nell’ingegneria, con la realizzazione della ferrovia Roma-Civitavecchia nata con il valido contributo dell’ingegnere Angelo, il quale nel settore dell’edilizia pubblica, progetterà e realizzerà un intero paese, Camerata Nuova e, su diretto chirografo di papa Pio IX, dirigerà gli scavi archeologici della Villa Imperiale di Arcinazzo Romano; nella giurisprudenza con Enrico, dotto procuratore Innocenziano, poi con Marco e Valerio, attivi nel Foro di Roma; nell’arte, con Giorgio, poeta arcadico Rosisco Tibense sul finire del 1700, nonché governatore dell’Istituto Portoghese di Sant’Antonio; poi Mario, pittore della scuola romana e professore presso l’Accademia di Belle Arti in via di Ripetta, infine Costanza, giovane apprezzata pittrice contemporanea; nelle vicende militari e civili, con Filippo, pronipote dell’omonimo console, pilota nella seconda guerra mondiale e poi direttore degli aeroporti di Brindisi, Tripoli, Ciampino ed infine direttore del traffico aereo dell’Aeroporto Intercontinentale Leonardo da Vinci di Fiumicino; per concludere, nella continua appartenenza al Corpo delle Guardie Nobili Pontificie, nelle cui fila, dalla sua costituzione sancita da Pio VII nel 1801 all’abolizione decisa da Paolo VI nel 1970, è sempre stato presente per ogni generazione uno o più Alvarez de Castro. Singolarmente il primo e l’ultimo portavano lo stesso nome: Carlo.

Tre secoli e ventidue anni vissuti intensamente e interamente nel “Tridente”, senza mai perdere i contatti e le radici con il Paese d’origine, il Portogallo di questa famiglia “portoghese di Roma”.

António de Almeida Lima

(Ambasciatore del Portogallo presso la Santa Sede)

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